20.3.12

ILARIA ALPI E MIRAN HROVATIN:
DELITTO DI STATO ITALIANO

Targa anteriore.
di Gianni Lannes

Mogadiscio, 20 marzo 1994: omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Traffico di armi e rifiuti pericolosi dal belpaese al terzo mondo africano. Biglietto di sola andata senza giustizia. Ecco il movente che ha subito depistaggi di carattere istituzionale, a partire dalle menzogne di Carlo Taormina, sparate in qualità di presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta (23 febbraio 2006): «Nessuno scoop messo a tacere con la morte. I cittadini devono sapere fin da ora che mai nessuno ha inteso uccidere i due giornalisti, vittime di una manica di banditi senza che i banditi sapessero di chi si trattasse e agendo unicamente in un contesto di ritorsione criminale. La gente, inoltre deve sapere che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin non erano depositari di alcun segreto nelle materie che un giornalismo d’accatto per dodici anni ha invece tentato di propinare. E’ falso che i due giornalisti fossero a conoscenza di cose inenarrabili nei campi della cooperazione, del traffico d’armi, del trasporto di rifiuti. I due giornalisti nulla mai hanno saputo e in Somalia, dove si recarono per seguire la partenza del contingente italiano, passarono invece una settimana di vacanze conclusasi tragicamente senza ragioni che non fossero quelle di un atto delinquenziale comune».

Menzogne premeditate - Nel 2005 ho avuto modo di intervistare l’ex Onorevole di Forza Italia, a più riprese nel suo studio romano di via Cesi, nei pressi del palazzaccio. All’estero è conservata, in mani sicure, la registrazione di queste sue dichiarazioni preconfezionate con largo anticipo: «Ilaria e Miran erano andati a passare una vacanza in Somalia… uccisi nel corso di una rapina da fondamentalisti islamici…» riferì nel corso dell’intervista concordata.
L’ex Sottosegretario del governo Berlusconi non aveva dubbi: «La dinamica si basa sull’analisi balistica dell’auto. Abbiamo fatto una perizia al balipedio della polizia di stato e quindi abbiamo potuto ricostruire al millimetro ogni cosa. Nessun colpo alla nuca, a contatto. Nessuna esecuzione» disse testualmente.
In realtà, Ilaria e Miran, vennero assassinati poiché in procinto di rivelare, in diretta al tg 3 nazionale, il coinvolgimento dello Stato italiano nel traffico illecito di scorie e di armi.
E’ un grave reato penale anticipare di oltre un anno - la Relazione della Commissione sarebbe stata chiusa e votata solo il 23 febbraio 2006 - dichiarazioni depistanti senza attendere l’esito dei lavori di indagine.
Carlo Taormina.

ADDIO MARCEGAGLIA

Ravenna, piattaforma raccolta rifiuti pericolosi.
di Gianni Lannes

Semplici incassatori di denaro pubblico o criminali in guanti di velluto ben surrogati dal sistema di potere? Il clan Marcegaglia controlla un impero economico con interessi in Italia e all’estero. I familiari di spicco sono il geometra Steno (genitore) ed i figli Antonio ed Emma. L’ultimo fatturato ufficiale ammonta a 6 miliardi di euro. Hanno stabilimenti anche in Cina, Russia, Polonia, Brasile.

Pedigree - Il 13 dicembre 2006 il tribunale di Brescia ha condannato Steno Marcegaglia, imputato nel processo Italcase-Bagaglino, a 4 anni e un mese per il reato di bancarotta preferenziale e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Grazie all’indulto, la pena detentiva è ridotta di tre anni. È stato poi assolto in secondo grado dalla Corte d’Appello di Brescia l’11 maggio 2009.

Marcegaglia, documentazione incenritore.

19.3.12

ENICHEM: ASSOLUZIONE
PER STRAGE DI STATO ITALIANO

Enichem Manfredonia.
di Gianni Lannes

Morti di lavoro, danni irreversibili al territorio e inquinamento per le prossime due generazioni, eppure nessun colpevole. 17 operai deceduti a causa dei tumori a polmoni e laringe. Senza contare i malati e gli assassinati tra la popolazione civile. Per i media la notizia non esiste. La quarta sezione penale della Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi della Procura generale di Bari e di tre parti civili e sigilla sul piano giudiziario una vergognosa ingiustizia. Così l’hanno fatta franca 10 ex dirigenti dell’Enichem agricoltura (Mario Campelli, Massimo Monti, Paolo Visioli, Marcello Fulgenzi, Mario Lanfranchi, Armando Mortara, Luigi Farris, Annibale Del Bue, Italo Ragni, Gino Pagano) e 2 esperti di medicina del lavoro (Luigi Ambrosi e Vito Foa).

Atto d’accusa - Solo l’operaio Nicola Lovecchio ha avuto il coraggio di denunciare la situazione (settembre  1996). Oggetto dell’inchiesta non è mai stata l’esplosione di un serbatoio dell’Anic-Enichem, avvenuta il 26 settembre 1976, con conseguente fuoriuscita di 10 tonnellate di arsenico sulla città di Manfredonia. Secondo la Procura gli imputati, dirigenti della multinazionale chimica, oltre ai due medici del lavoro, avevano omesso di adottare una serie di contromisure per limitare i danni causati dal prolungato contatto degli operai con il veleno cancerogeno. Quell’esposizione aveva provocato tumori a polmoni, laringi e colicisti, ed innumerevoli decessi, ma si è indagato solo su pochi casi, nonostante la diretta esposizione di almeno 1900 lavoratori nel periodo 1976-1982.
L’accusa contestava agli imputati a vario titolo: non aver informato gli operai dei rischi causati dall’esposizione all’arsenico; non aver impiegato personale specializzato nella bonifica dell’area; non essersi assicurati che gli operai usassero maschere protettive con filtri cambiati quotidianamente e tute impermeabili a tenuta stagna; non aver monitorato ciclicamente l’area per verificare il livello di concentrazione dell’arsenico nei limitrofi terreni agricoli.

Enichem Manfredonia.

15.3.12

SICILIA: RIFIUTI NUCLEARI A PASQUASIA



I rapporti ENEA certificano il fatto compiuto a danno dell’ignara popolazione. Incompatibili con qualsiasi forma di vita: “tesori” nascosti che regalano malattie e morte a larghe mani, con la benedizione dello Stato tricolore. Le scorie nucleari sono state affondate illecitamente non solo in mare, bensì nascoste anche all’interno della terraferma. Le viscere dell’isola non sono state risparmiate. Siamo a ridosso della miniera di Pasquasia, un’area di 70 ettari, in provincia di Enna, a circa 22 chilometri da Caltanissetta. Quello che un tempo prefigurava un sospetto,  è realtà inconfutabile. Per assassinare questo angolo di sud, il paravento è scientifico. Ecco qualche pagina in materia: ‘Studi nella cavità sotterranea di Pasquasia. Scienze e tecniche nucleari’ (rapporto Eur 11927 IT, anno 1988); oppure, ‘Studi nella cavità sotterranea di Pasquasia. Rapporto finale’, edito sempre nell’88, addirittura dalla Commissione delle Comunità europee (European Nuclear Energy Agency). E ancora il più recente: ‘Le ricerche condotte dall’Enea fra il 1976 ed il 1991 sul confinamento geologico delle scorie radioattive a lunga vita e ad alta attività’ (Report RSE/2009/128, a firma di Francesco Zarlenga). Ma diamo un’occhiata alla pubblicazione intitolata ‘Indirizzi generali e pratiche di gestione dei rifiuti radioattivi’, pubblicata dall’Enea nel 1990. A pagina 189 e seguenti si legge: 

 «…L’Enea aveva da tempo avviato attività preparatorie per la realizzazione di un bacino centralizzato di immagazzinamento di combustibile irraggiato (…) L’Enea è, infatti, l’organo nazionale deputato per legge all’individuazione di soluzioni per l’eliminazione dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia. A tal fine l’obiettivo generale delle ricerche condotte dall’Enea sin dalla fine degli anni ’60 è stato quello di qualificare una o più formazioni geologiche, suscettibili di offrire le migliori condizioni di contenimento plurimillenario dei rifiuti. Fra le numerose formazioni geologiche con caratteristiche generali adatte allo smaltimento dei rifiuti, l’Italia ha scelto prioritariamente i depositi argillosi plio-quaternari (…) Dal punto di vista tecnico, la scelta è giustificata dai caratteri intrinseci delle formazioni argillose, che assicurano la disponibilità di un’efficace barriera alla potenziale migrazione dei radionuclidi dai depositi profondi della biosfera».

 Ecco il succo negato: «sono state avviate le azioni per la costruzione, in collaborazione con l’Italkali di Palermo, di un laboratorio sperimentale sotterraneo nella miniera attiva di sali di Pasquasia (EN). Il laboratorio viene costruito nella rampa di accesso ai depositi minerari, ad una profondità di 160 mt. (…) Esistono al momento in Italia le tecnologie per il trattamento e condizionamento, mentre per la custodia di questi rifiuti la saturazione dei magazzini di stoccaggio esistenti e la recente sospensione delle operazioni di affondamento in mare, condotte sotto l’egida della Nea, rendono improrogabile il reperimento di siti di smaltimento su suolo nazionale».

14.3.12

AFFARI OSCURI


di Gianni Lannes



Benvenuti in Puglia. Il partito trasversale degli affari privati con denaro pubblico poteva limitarsi ai finocchi e ai broccoletti. Invece sta spolpando perfino i cavoli, mentre l’agricoltura va in malora. Fuor di metafora: le cricche in barba alla legalità, fanno man bassa di città e territori nell’ex isola felice, approfittando delle generose elargizioni di soldi comunitari, statali e regionali, erogati in base accordi di programma stipulati tra il governatore e i sindaci beneficiari. Il motto è “spendi e spandi: nel segno dell’impunità”.
Orta Nova, in provincia di Foggia conta all’anagrafe 18 mila anime, esclusi i migranti trattati peggio delle bestie. Questo paese che vanta una passività pari a 14 milioni di euro (come ha certificato la Corte dei Conti), maturata sotto l'amministrazione Moscarella (Msi, An, Pdl), è la cartina tornasole dello squallore amministrativo del Sud. Che fine hanno fatto i due milioni di euro pubblici del PIRP “Reale Sito”?

13.3.12

BASILICATA: INQUINAMENTO ENI

Lucania, inquinamento invasi acqua potabile.

di Gianni Lannes

In Lucania oltre alla rapina “legalizzata” di idrocarburi, è in atto da lungo tempo un inquinamento di acqua, terra ed esseri viventi. Ma a chi interessa l’ennesimo incidente minimizzato dai boiardi di Stato del cane a sei zampe? Presso Metaponto sabato scorso si è verificato  una fuoriuscita di petrolio dall’oleodotto dell’Eni in località Pizzica-bivio Giulianello.  Lo sversamento dell’oleodotto Viggiano-Taranto ha interessato un’area molto estesa che ha raggiunto le falde acquifere. Secondo  l’Eni che al solito minimizza si tratta di “circa 6 mila metri quadri”; in realtà la zona colpita è molto più grande. 

1.3.12

RADAR NATO CON LICENZA DI UCCIDERE

Radar Nato.

di Gianni Lannes

“Aiutateci a non morire. Siamo assediati da un nemico invisibile e silenzioso: un super radar militare che uccide lentamente con i suoi impulsi a microonde”. Mentre l’Aeronautica si trincera dietro il segreto militare, Giovannella Maggini Mazzarella, insegnante in pensione, ha raccolto le prove del disastro. Una vicenda che un membro della New York Academy of Sciences, Gianfranco Valsè Pantellini, ha definito  “la strage degli innocenti”. I radar militari operano in deroga alle normative di protezione sanitaria ed ambientale, nonostante i rapporti scientifici dell’Istituto Superiore di Sanità che 30 anni fa segnalavano i pericoli. Uno studioso italiano, il dottor Franco Sarto, già nel 1978 aveva documentato danni al Dna, esaminando il caso di numero radaristi militari. Tant’è che il Ministero della Difesa da allora ha inibito al medico di proseguire le sue ricerche cliniche.

Giovannella Maggini Mazzarella.